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martedì 4 maggio 2010

4 maggio, in ricordo del Grande Torino


Gli anni che passano non affievoliscono il profondo legame con Superga e il 4 maggio. E la decadenza patita dal Torino, per quanto grama e potente, non ha la forza di scalfire questo momento d’incontro tra Fede e fede. Sessantuno anni fa, pochi minuti dopo le 17, un bagliore e un tuono sopra Torino svuotarono i respiri dall’anima e riempirono gli occhi di lacrime. Subito cominciò la prima processione sulle pendici del colle simbolo di Torino, la più straziante, la più tremenda. L’Italia piange il Grande Torino, sconfitto soltanto dalla subdola alleanza tra l’eccentricità del destino e la banalità della morte. Dal quel 4 maggio, il 4 maggio è stata processione: fiume di cuori in salita e anime in discesa. Per la messa nella Basilica, alle 17, sotto la pioggia e il cielo livido quasi sempre; per l’appello che di norma il capitano della squadra granata fa leggendo sulla Lapide i nomi delle 31 vittime, dopo la benedizione impartita dal cappellano del Torino. Per stare assieme e assieme non dimenticare, possibilmente facendone tesoro per il futuro.

L’ULTIMO SEME - Superga, il 4 maggio sono sempre stati luoghi e date di comunione e di resurrezione. Lindi da ogni debolezza umana, quali sono la rabbia, l’antagonismo, la polemica, la contestazione, peggio ancora l’odio. Una tregua olimpica s’imponeva da sé. Invece, in recenti casi, come un anno fa con la protesta di alcuni al capitano Rosina (cui si voleva vie­tare l’appello alla Lapide), la decadenza dei costumi e del Torino ha cominciato a erodere anche questo momento di civiltà. E oggi a Superga non ci sarà (a meno di sorprese) il presidente del Torino: preferisce non sfidare quei tifosi che non lo considerano degno del luogo e della cerimonia per evitare di rovinare il 4 maggio. Atteggiamento saggio, però sconfitta di tutti.

Fonte: tuttob.com

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